L’abuso della maggioranza all’interno delle società

Allorché una delibera assembleare risulti arbitrariamente e fraudolentemente preordinata alla lesione degli interessi dei soci di minoranza, per quanto la stessa sia stata adottata in assenza di una violazione di legge o di statuto, si configura tendenzialmente un abuso del potere esercitato dai soci di maggioranza, con la conseguenza che detta delibera potrà essere oggetto di annullamento ai sensi dell’art. 2377 c.c. con riguardo alle società per azioni e dell’art. 2479 ter c.c. con riguardo alle società a responsabilità limitata.

Il concetto di “abuso di maggioranza”(altrimenti detto abuso o eccesso di potere) non viene espressamente definito dalla disciplina codicistica.

Per questo, la relativa definizione è stata individuata dalla Corte di Cassazione la quale ha definito l’abuso della regola di maggioranza, inteso come causa di annullamento delle deliberazioni assembleari:

  • la fattispecie in cui la delibera non trovi alcuna giustificazione nell’interesse della società, per essere il voto ispirato al perseguimento da parte dei soci di maggioranza di un interesse personale antitetico a quello sociale;
  • oppure sia il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci maggioritari diretta a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza “uti singuli”.

Norme violate dalla delibera di abuso

La dottrina e la giurisprudenza dominanti configurano l’abuso come violazione, da parte dei soci di maggioranza, dell’articolo 1375 c.c., che sancisce l’obbligo di eseguire il contratto secondo buona fede e correttezza.

Invero, il socio che si avvalga della sua formale posizione di potere unicamente per lucrare un vantaggio personale con reciproco e corrispondente danno degli altri componenti della compagine sociale agisce in spregio di tale dovere.

Una parte consistente della dottrina ritiene che alla base dell’abuso di potere si ponga un’interpretazione estensiva della nozione di conflitto di interessi di cui all’articolo 2373 c.c., mentre alcuni autori ricorrono al principio di obbligatoria collaborazione tra i soci o fanno riferimento alla causa del contratto sociale.

Caratteristiche della delibera

La delibera viziata da abuso della maggioranza è connotata dal fatto che essa non trova alcuna giustificazione nell’interesse della società.

Quindi, in concreto, essa implica una deviazione dell’atto dallo scopo economico pratico del contratto di società, trattandosi dell’estrinsecazione di un voto ispirato ad un interesse extra sociale consistente nel perseguimento, da parte dei soci di maggioranza, di un interesse personale antitetico rispetto a quello sociale.

Nei casi più gravi, la delibera è il risultato di un’intenzionale attività fraudolenta dei soci di maggioranza diretta a provocare la lesione dei diritti dei soci di minoranza.

Ipotesi tipiche

La fattispecie dell’abuso di maggioranza ricorre tipicamente nelle situazioni sotto riportate:

  1. delibera di azzeramento e successiva ricostituzione del capitale con esclusione del diritto di opzione;
  2. delibera di messa in liquidazione della società in vista di una sua ricostituzione al fine di estrometterne i soci di minoranza;
  3. delibera di fusione con sottovalutazione dei conferimenti;
  4. costante decisione dell’assemblea di non distribuire gli utili netti risultanti da bilancio in mancanza di una valida giustificazione in relazione alle esigenze economico-finanziarie della società.

Infine, una delle situazioni in cui la giurisprudenza ha ravvisato più di frequente la fattispecie dell’abuso di maggioranza è senza dubbio quella della delibera di aumento di capitale ingiustificato che, in considerazione dell’importo o delle tempistiche dell’operazione, metta in difficoltà i soci di minoranza ai quali viene di fatto impedito di conservare inalterata la proporzione della loro partecipazione sociale.

In tali casi, ai fini dell’invalidità per abuso o eccesso di potere della delibera di aumento del capitale, la lesione dei diritti del socio di minoranza deve emergere:

  • sotto il profilo soggettivo (intenzionalità del pregiudizio e consapevolezza della situazione di illiquidità),
  • e sotto il profilo oggettivo (reale illiquidità, sproporzione tra situazione finanziaria ed importo da sottoscrivere, motivo pretestuoso dell’aumento).
 

In assenza delle predette condizioni, la mera situazione di difficoltà finanziaria risulta del tutto irrilevante.

Onere probatorio

Il socio di minoranza che esperisca il rimedio dell’impugnazione giudiziale della delibera asseritamente viziata da abuso di maggioranza al fine di conseguire una pronuncia di annullamento della stessa avrà l’onere di provare:

  • che sussistono i presupposti di illiceità della delibera impugnata;
  • che il socio di maggioranza ha agito ad esclusivo proprio vantaggio per un fine del tutto extra sociale;
  • che la delibera è stata assunta fraudolentemente allo scopo di danneggiare parte attrice.
 

Particolare rilievo assume in tal caso la condotta tenuta dal socio di maggioranza anteriormente e successivamente all’adozione della delibera presumibilmente viziata.

Peraltro, il giudizio di accertamento circa l’illegittimità della delibera prescinde del tutto da un sindacato sul merito delle scelte gestionali ad essa sottese.

In tutte le situazioni sopra richiamate la giurisprudenza ritiene che l’unica conseguenza dell’abuso di potere sia l’annullabilità della delibera impugnata, mentre solamente la dottrina minoritaria sostiene la possibilità per il socio di minoranza di richiedere e conseguire il risarcimento del danno da parte della società e dei soci di maggioranza.

L'autrice

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Chiara Cognetti

Sono un avvocato civilista e mi occupo di consulenza legale giudiziale e stragiudiziale in diritto commerciale e in diritto della moda.
Ho conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca.
I miei Clienti spesso mi definiscono “chiara, di nome e di fatto”, oltre che precisa e tempestiva.

Chiara Cognetti

Sono un avvocato civilista e mi occupo di consulenza legale giudiziale e stragiudiziale in diritto commerciale e in diritto della moda.
Ho conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca.
I miei Clienti spesso mi definiscono “chiara, di nome e di fatto”, oltre che precisa e tempestiva.